Gesù bambino me lo hanno messo nel pozzo. Alla fine è andata così. Un po’ mi è spiaciuto. Ma vede, cara Lidia, ai miei figli non ho detto nulla. Stavano facendo il presepe… E si divertivano così tanto, che proprio non me la sono sentita di indignarmi o correggerli. Forse glielo ho già detto altre volte, mia cara Lidia, ma sono sempre più convinto che i piccoli vivano senza dio. E’ questa la loro felicità… La loro è una libertà incondizionata… Non mi va di crescerli frenati dalla paura di commettere qualche peccato.
Lo so quello che sta pensando. Un giorno o l’altro mi toccherà pure spiegargli che le porte del paradiso non si aprono con una user e una password. Ma al momento, non trovo sbagliato che pensino così. Loro, con l’informatica, sono in gamba e questo aumenta la loro autostima anche nella spiritualità. Già toccasse a me, in cielo non arriverei mai.. Una volta mi perdo la user, un’altra volta la password, e mi capita persino di non ricordare la risposta alla domanda di recupero. Cara Lidia, per i tempi attuali, sono condannato… Sono un disastro. E non mi può salvare nemmeno la mail immediata con una nuova password. Già me lo vedo l’angelo che mi aspetta e la mail che non arriva perché il wi-fi non è adeguato a scaricare messaggi di un certo peso. E, lei forse non lo saprà, perché appartiene a un’altra generazione, cara Lidia. Ma il messaggio che contiene i codici d’accesso al giardino eterno, un po’ di giga li occuperà pure.
Lo scorso fine settimana, la gita a Roma è stata davvero insolita. Volevo andare almeno al Pantheon e al cimitero del Verano. Se lo ricorda? Piaceva tanto a Ennio Flaiano. E lì ci andava a fare le sue passeggiate romane. Niente di tutto questo, Lidia. Ho passato il ponte dell’Immacolata tra Monte Mario e l’ospedale Gemelli. Vede, cara Lidia, qualsiasi turista avrebbe dato di matto. Ma io, ho fatto il romano a Roma. Non ho sfiorato il centro. Mi sono adeguato.
E’ capitato perché mio figlio, Edoardo, si è fratturato un polso e l’hanno pure operato.
Sa cosa penso degli ospedali romani? Un gran bene. Il personale interno da informazioni a caso. Nel senso che un medico contraddice il collega, l’infermiera dice la sua, così come il barelliere. Le diagnosi le fanno anche le addette alle pulizie. Martedì era l’8 dicembre. C’erano pochissimi medici. Mentre preparavo Edo a uscire… sono arrivati quelli delle pulizie. “No… Tu oggi non esci”, ha detto la ragazza sudamericana, impugnando la ramazza con sicurezza. Ho sorriso. L’avevo già concordato con il dottore ,che il giorno prima aveva fatto l’operazione. Ma poi è arrivato il medico di turno del giorno di festa. Non ha osato contraddire gli inservienti. “Tu oggi non esci, ti dimettiamo domani”, ha detto. Così mi è toccato firmare che me lo portavo via, contro la loro volontà.
Ma non è questo il punto, cara Lidia. Io in un ospedale così, io mi farei ricoverare di corsa. Dovessero comunicarmi una malattia incurabile, saprei già di poter essere salvato dal primo che passa nella mia corsia. Avrei la certezza di poter ricorrere in appello. Capisce? A Torino, come lei ben sa, mia cara nonna, non è così. Quando un dottore ti dice che stai male, è perché sei già oltre, forse stai già peggio. Nessuno passa a redimerti, nemmeno in quegli ospedali che portano i nomi dei santi. Li capisco anche… Dico i santi, li capisco. La cappa d’inquinamento che abbiamo accumulato è trattenuta dalle Alpi… Da lassù in alto è difficile capire cosa avviene giù in città.
A Roma è tutto diverso. Martedì iniziava il giubileo… C’era grande apprensione per gli attentati. Ma, i romani, l’hanno presa con filosofia. A ogni petardo, si chiedevano fosse stata una bomba… “Magari – si dicevano poi – almeno se saremo levati il problema”. Cara Lidia, l’ho sentito io stesso. L’ha detto gente che aspettava come noi al pronto soccorso.
A Roma, cara Lidia, ho però capito una cosa. Siamo cacciatori di attimi… E lo siamo proprio tutti. Al termine di una notte, passata seduto su di una sedia, ho colto un’alba bellissima. Lei lo sa bene.. Roma è tutta un saliscendi di vie, collinette, strade troppo larghe, strade troppo strette, pini marittimi, casermoni e lampioni scassati. L’ho trovata così poetica, così vera.
Chiunque, cerca attimi di felicità. Il ladro, alla stazione, aspetta l’attimo per fregarti. L’orientale attende l’attimo per scattare la foto, e così via… L’attimo più bello, me lo ha illustrato un barbone che bivaccava nella sala d’attesa del Gemelli. Parlava con un suo amico. “Sei andato oggi alla mensa dei poveri? La minestra aveva i pezzi di carne. Era buona”. Lo diceva contento, Lidia… Non voleva altro.
In questi giorni, mia cara Lidia, io ho atteso più che altro l’attimo per gustare un sorso di vino, accompagnato da un buon pecorino romano. Se li ricorda? Sono quelli che hanno la crosta nera e il sapore forte… Poi, ho pensato a un’altra cosa… Che in questa vita, almeno nella mia, non c’è il tempo per riposare.
Se avrò occasione, la prossima volta, una passeggiata al cimitero del Verano la farò lo stesso. Glielo prometto… E poi, mi segnerò la user e la password per caricare il file del cielo. Se ci è riuscito quel barbone, vuole proprio che io, che sono pure laureato, non ci riesca?
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