Sono entrato anche io nel club dei vampiri.
Mia cara Lidia, non mi guardi con quella faccia da bimba stupita. Non ho mica avuto un colpo di fulmine per Polidori o Stoker…
Tanto meno si è acceso un amore tardivo verso l’horror.
In gergo giornalistico, i vampiri sono quelli che partecipano a eventi mondani, feste o in fiera solo per scroccare aperitivi e salatini. Non l’avevo mai fatto, ma ieri ho fatto il vampiro a Cibus, ospitato alla fiera di Parma. L’ho fatto senza l’incarico di scriverne una sola riga. Avevo un appuntamento nello stand di una nota marca di pasta e così ne ho approfittato per farmi un giro, con un tesserino con scritto press al collo.
Come lei ben sa Lidia, sono una buona forchetta, ma di scienza e filosofia del cibo, mi interesso poco. E’ forse per questo che della fiera, ho capito ancora meno. Più che di un salone dedicato, mi è parso un gran supermercato. L’unica differenza è che i prodotti erano esposti marchio per marchio, anziché per categoria merceologica. Poi, al posto delle promoter che ti fanno assaggiare le mozzarelle o il limoncello al super, c’erano persone che portavano ingombranti costumi da forma di parmigiano o da arrosticino. Secondo lei, come si sente un adulto calato in un panzerotto per lavoro? Di certo sta meglio che uno calato in una tuta blu in fonderia… Tuttavia, io non lo farei volentieri. Capisco sia un mio limite. Non ci badi.
Mi ha colpito, un salame vero lungo metri e metri. Ci fosse stato Freud tra i visitatori, ne avrebbe ricavato almeno un paio di saggi. Per fortuna, il popolo fieristico si è fermato agli assaggi. Ho trovato curioso anche il padiglione dei surgelati. In ogni angolo della fiera si decantava la genuinità e la qualità. Ma la pizza surgelata, fino a poco tempo fa, non rientrava tra le vergogne casalinghe del cibo spazzatura? C’era poi un maggiolone cabrio piena fino all’orlo di scatole di polenta istantanea. Più che a fissarmi in testa la casa di produzione, mi è venuta in mente una vecchia barzelletta degli sposini veneti in viaggio di nozze.
Vede Lidia, non glielo nascondo. Ho trovato conforto solo tra i produttori minori, quelli che al posto di un grande stand avevano un banchetto e l’affettatrice e ci davano dentro a tagliare i salami della Basilicata, con la speranza di farli diventare celebri in tutto il mondo.
Dopo il mio appuntamento, mia cara Lidia, ho fatto giro di valzer tra gli assaggi proposti dalla fiera. Mi sono anche fatto un piatto di pasta alle erbe… Poi quando la standista si è avvicinata per spiegarmi il senso intrinseco di quel sugo, me ne sono andato, dicendole che andavo di fretta. Vede Lidia, se fai il vampiro, devi farlo fino in fondo… Non devi farti venire i sensi di colpa, almeno sul momento. Del resto, che cosa si aspetta il pubblico, da un uomo vestito da formaggio? Come minimo una scaglia di grana infilzata in uno stuzzicadenti. E un espositore, da un vampiro? Non saprei… Di certo deve mettere in conto che almeno un po’ stronzo lo sia.
Alla fine, di Cibus ho apprezzato soprattutto il carnevale… Le donne appariscenti che se ne andavano su e giù tra gli stand, le scenografie con auto e botti, la possibilità di fermarsi ovunque e potere assaggiare qualsiasi cosa. Robe del genere capitano solo nel paese dei balocchi… Un po’ fanno male se si pensa a quanta crisi circoli ancora in giro.
Non mi guardi con quell’espressione, Lidia… Ho già capito quello che mi vuole dire. Le do ragione, alla fine le mando queste mie riflessioni proprio per sentirmi meno vampiro… In fondo, questo è il mio contributo giornalistico all’evento. Come lei sa. il giorno dopo lo sballo, uno cerca sempre di essere più buono con la purificazione… e archiviato il costume di Dracula, cerca disperatamente le ali da angelo.
Le mie? Le ho dovute chiedere indietro a mia figlia… Le stava usando per un gioco di principesse.
Ma questa, mia cara nonna, è ancora un’altra storia.
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