Il pallone è fermo, sospeso tra il cielo e l’area di rigore.
Tutt’attorno è una selva di maglie colorate, gambe sporche di fango e teste madide per il sudore. Percepisci quell’odore di bagnato, di bosco subito dopo il temporale. E’ questione di attimo. Ti tuffi. La torsione è spaventosa. Col piede destro colpisci la palla che s’insacca. La schiena pare non voler atterrare più. L’arbitro fischia. C’è stato un fallo o eri finito in fuorigioco. Il tuo gol è già dimenticato. La tua rovesciata non finirà mai in cineteca.
Hai compiuto un miracolo… ma è stato inutile.
Alla fine, è quello che ci riserva la vita: una lunga serie di miracoli inutili, sforzi che non raccolgono i loro frutti perché arrivati al momento sbagliato. Alle volte, vengono ignorati, altre volte finiscono fuori luogo, come un campo rom, ai margini di una città; o come una birra stappata in chiesa, mentre il prete dice messa.
E allora, uno si chiede: ma lo sforzo vale la pena?
Dipende da quel che si prova nel momento in cui si compie… La vedo così.
Volo in cielo, tentando improbabili rovesciate, ogni volta che scrivo e, in quei momenti, dimentico completamente il fischietto e l’arbitro.